Palazzo De Antaldis, ristrutturare restaurando

Ci sono luoghi che hanno un’anima speciale, inutile negarlo, luoghi che ti sospirano i loro segreti se sai ascoltare a bassa frequenza…

Sono luoghi non solo naturali ma anche i grandi luoghi della Storia, in cui è l’uomo ad aver messo la visione e le braccia per dargli una forma, luoghi che hanno visto il susseguirsi di epoche lasciare una traccia, stratificando il tempo nello spazio.

 

I palazzi d’epoca hanno questa peculiarità, quel senso di inafferrabile mescolato alla concretezza dell’esserci e alla saggezza di chi sa perché ha già vissuto tante vite.

 

Forse gli impressionisti, nell’osservare la realtà, avevano saputo cogliere questa “essenza”, materica e mutevole, questo corpo di impressioni e sensazioni che dal colore alle forme, dalla luce alle ombre, si agita per riferire storie lontane e che, a ben guardare, pure ci appartengono, almeno un po’.

 

Quando abbiamo incontrato Palazzo De Antaldis, a Urbino, questo vecchio signore dalle scarpe quattrocentesche e dall’abito del Settecento, abbiamo percepito di essere di fronte a uno di questi luoghi d’anima. E subito le nostre vite hanno iniziato a sentirsene parte quasi richiamate da un appello a cui non ci si poteva sottrarre.

 

Allora sapevamo che dovevamo entrare in punta di piedi e farci guidare, scoprendo insieme a lui come muoverci per ridare lustro alle sue ampie stanze, a quei soffitti senza fine, a quelle sue fessure di luce, alle sue fondamenta stanche, imparando a sentire ad occhi chiusi le voci di antichi passaggi.

 

Questo Palazzo, accoglieva un’eredità a cui noi per primi sentivamo di doverci inchinare e onorare. Così insieme ai proprietari abbiamo immaginato di aprire una parte di questi luoghi alle persone che sarebbero arrivate poi in città, un richiamo ai viandanti in cerca di un luogo di pace a cui approdare e da cui partire per inoltrarsi nei sentieri di questo nostro antico territorio.

 

Abbiamo creato un continuum temporale, partendo dagli affreschi lasciati affiorare a tratti dai soffitti e dagli intonaci a frammenti delle pareti, passando dagli armadi in ferro di fattura contemporanea e minimalista integrati alle porte rococò, fino ai complementi d’arredo di design degli anni ’20 recuperati dal mobilio preesistente come le poltrone Wassily di Knoll dedicate a Kandinskij disegnate dall’architetto Marcel Breuer esponente del Bauhaus.

 

Un filo conduttore orientato alle epoche e ai loro tratti salienti ci ha permesso di disegnare anche l’illuminazione che alterna il design delle lampade di Flos da IC a Tatou, alle citazioni delle nostre creazioni che omaggiano lanterne e candelabri rivisitati in chiave moderna.

 

Tessuti pregiati, con le loro pieghe di colore, hanno ricoperto i letti pensati come essenze di vecchi baldacchini disegnati per l’occasione, mentre le poltrone vintage creano accoglienza sistemate in micro-salotti, lungo il percorso di un tempo.

 

I quadri “di casa” attraversano le pareti in un susseguirsi d’immagini che compongono la galleria di famiglia: dal Cinquecento alla contemporaneità, pittori e artisti richiamano l’attenzione, autori di storie dentro la Storia.

 

E infine tendaggi ariosi dispiegati in movimenti sensoriali accarezzano gli occhi della casa che guardano verso la campagna marchigiana estratta da un dipinto dei macchiaioli, mentre nel giardino pensile, a disposizione degli ospiti, in primavera un campo di fiori blu alla Monet dipinge il paesaggio.

 

La Dimora storica De Antaldis è oggi un luogo da visitare ma soprattutto da vivere per condividere un’esperienza che viene da lontano e che nei prossimi passaggi porterà traccia della nostra eco.