La profondità del bianco svela nuovi spazi

Avvolti da un’onda di luce bianca…

Una casa anni ’70 utilizzata inizialmente come studio di registrazione e montaggio, sigillata in pareti di gommapiuma nera insonorizzata, fa un salto creativo nel passato e, si trasforma, alla fine del nostro passaggio, nella superficie di una tela bianca alla Enrico Castellani, in cui è il gioco di ombre e luce a definire lo spazio facendolo coincidere con la materia stessa.

 

Per Castellani quella materia è tela bianca suddivisa “in parti uguali in un reticolo geometrico elementare, perché una imperfezione non crei un turbamento in questo fare impersonale (…) tendendosi secondo le leggi della fisica”**; per noi la materia è legno bianco che riveste verticalmente le pareti, costruendo da una parte una lunga linea visiva che dall’ingresso attraversa tutta l’abitazione, dall’altra nascondendo una profondità tridimensionale che pure si lascia intuire.

 

Qui le leggi della fisica, cedono il passo alle leggi della tecnica di sapienti artigiani che ci hanno permesso di dare vita a una boiserie in cui le bugnature che rimandano agli anni ’50-’60, non a caso, (anni in cui l’arte si fa “oggettuale” con Castellani, Bonalumi, Fontana), attraversano geometricamente tutta l’altezza, aprendosi agli “spazi segreti” della casa.

 

Lavanderia e stireria, guardaroba per cappotti, notoriamente necessari ma argomenti prosaici nella riedizione di una casa, si trasformano in questo contesto in un atto performativo, un raffinato gioco artistico che nonostante appaia “impersonale”, sfida l’osservatore (e il fruitore) alla scoperta di spazi estremamente personali ed intimi.

 

Non a caso, il viaggio in questa scia di luce materica, prosegue fin dentro la zona notte, accompagnata e sostenuta da un’illuminazione artificiale a scomparsa discreta ed essenziale che esalta le superfici in cui il bianco domina, accompagnato solo dal grigio del salone e della parete d’ingresso in una alternanza di chiaro-scuri, rilanciati dal biondo rovere naturale del parquet.

 

A definire ulteriormente questo spazio tattile, abbiamo introdotto ed integrato il vetro. Una grande vetrata, immediatamente visibile dall’ingresso, rivela il cuore della casa: la cucina con la sua natura speculare e in risonanza con la dimensione materica degli altri ambienti, con la sua ampia finestra, si offre come sorgente di luce naturale, amplificandola.

 

Vivere in uno spazio in cui la materia concentrata nel suo ordine, ci sorprende e avvolge, diventando protagonista funzionale delle nostre giornate, può dare la sensazione di lasciarci a un passo da quella esperienza di “perfezione impersonale” di cui parlava Castellani.

 

Ma è anche vero che una casa, diversamente da un’opera d’arte, resta sempre tale. E per fortuna, diremmo. Cioè un luogo di significati e simboli inconsci, ma anche e soprattutto approdo di esperienze di vita quotidiana, luogo di incontri e scambi, bisogni e istinti semplici, “disordinati” e basilari.

 

Così confrontandoci con la giovane e dinamica coppia che ci vive e con la loro voglia di ritrovarsi in uno spazio concettualmente “senza rumore”, in un luogo in cui comodità ed essenza trovassero una sintesi, ci siamo permessi questo azzardo: un viaggio al confine tra vita e suggestioni artistiche, in bilico tra due mondi che viaggiano su linee parallele.

 

Il risultato? Una superficie bianca alla Castellani, definita dai chiaroscuri di geometrie essenziali, contaminata però dal colore e calore dell’elemento umano.

 

 

** (Cit. dall’intervista “Enrico Castellani. L’opera d’arte indiscutibile” Rai teche/Rai Cultura )